Teatro

A Siracusa va in scena la fragilità umana di Ercole

A Siracusa va in scena la fragilità umana di Ercole

Con una iniziativa che si è rivelata vincente, il ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco punta quest’anno su due tragedie pochissimo frequentate e anzi di cattiva fama presso parecchi studiosi, in entrambe le quali il semidio Eracle, beffato dagli dèi, passa esemplarmente dal culmine del successo al fondo dell’abbiezione. In Trachinie (Sofocle) il suo ritorno da una guerra ostentando come preda la principessa Jole di cui si è innamorato allarma la moglie Deianira. Questa per recuperarlo gli fa indossare una veste intrisa del sangue di un centauro, che morendo l’aveva esortata a conservarlo come filtro d’amore; ma il centauro voleva vendicarsi della donna, e quel sangue si rivela un veleno che fa spirare l’eroe tra sofferenze atroci. In Eracle (Euripide) il protagonista è assente, impegnato in un’impresa nell’Ade, e la sua sposa (Megara, stavolta), i suoi figlioletti e il suo padre putativo Anfitrione sono alla mercé di un usurpatore che sta per metterli a morte. Eracle torna in tempo per sterminare gli invasori, poi però divinità invidiose lo spingono a un’esplosione di violenza di cui restano vittime i suoi cari. Tornato in sé e schiantato dal dolore, parte per espiare, accettando la pietosa ospitalità dell’amico Teseo re di Atene. Entrambi questi testi inquietanti anche nei nostri tempi di raptus con figli uccisi trovano esecuzioni adeguate. Trachinie, diretta da Walter Pagliaro in costumi modernoidi ma poco appariscenti e pertanto efficaci di Giovanni Castelluccio autore anche della scabra scenografia (in parte recuperante quella di Duilio Cambellotti del ’33), soffre rispetto a Eracle di una maggiore indisponibilità del regista a restringere i tempi, e quindi alla distanza paga certe processioni silenziose e certi cori protratti fino a una durata di ben 140’ filati - la lunga tirata di Eracle agonizzante (l’eccellente Paolo Graziosi) arriva a un pubblico ormai infreddolito, essendo il buio ormai calato da un bel po’. Non si cancella tuttavia il ricordo di alcune evoluzioni ben condotte, dell’intensità di Micaela Esdra come Deianira e dell’autorevolezza di Luca Lazzareschi come l’infido, imbarazzato relatore Lica. Lazzareschi è una colonna anche di Eracle, dove si esibisce in un altro racconto di calamità ma con microfono facciale e sonorità tonanti, mentre in Trachinie l’amplificazione è più discreta (e preferibile, almeno per questo cronista). Tuttavia Eracle, regia di Luca De Fusco che ne limita la durata a 105’, ottiene un vero trionfo con ovazioni da stadio. Gran merito va a Ugo Pagliai, che come Anfitrione imposta la storia consegnando la sua tirata angosciata con una dignità così misurata da imporre un’attenzione che dopo non si allenta più. Certo, qui c’è più «spettacolo», scenografia in lamé oro e rame di Antonio Fiorentino, musiche accese di Antonio Di Pofi, danze anche sexy con la aitante Marianella Bargilli come Follia; ma le trovate sono funzionali, vedi quella, magistrale, di far emergere dall’oltretomba l’Eracle di Sebastiano Lo Monaco non da atleta euforico ma strisciando semisoffocato, come il naufrago di una spedizione maledetta. Anche qui ci sono prestazioni notevoli, e ai menzionati bisogna aggiungere almeno Giovanna Di Rauso come la trepidante moglie del reduce. Repliche alternate dei due lavori fino al 24 giugno.